La sua vita
Francesco di Sales, primogenito di tredici figli, nacque a Thorens, in Savoia, il 21 agosto 1567.
Nel 1578, per perfezionare gli studi, fu mandato a Parigi presso il collegio dei Padri Gesuiti dove studiò anche teologia. Nel 1588 iniziò gli studi di diritto a Padova: il papà voleva a che il figlio conseguisse la laurea in quella prestigiosa università; il 5 settembre 1591 si laureò in utroque jure, ossia in diritto civile e canonico, con il massimo dei voti.
Il 18 dicembre del 1593, dopo aver vinto le resistenze paterne, fu ordinato sacerdote ed il 21 celebrò la prima Santa Messa. Il suo ministero, come sacerdote prima e come Vescovo poi, si svolse interamente nella Diocesi natale – Ginevra, esiliata ad Annecy a causa dell’ascesa al potere dei calvinisti –, ma il Santo ebbe contatti con molte grandi anime del suo tempo e fu in amicizia, per esempio, con San Vincenzo de’ Paoli e San Roberto Bellarmino.
Ancor giovane, gli fu affidata dal Vescovo, mons. de Granier, una difficilissima missione: ricondurre al cattolicesimo lo Chablais, una larga fetta della diocesi di Ginevra che, a causa dei corsi e ricorsi storico–politici, era passata al Calvinismo (più per paura della furia ugonotta che per effettiva convinzione!). Vi lavorò cinque anni, senza risparmiare fatiche e rischiando la vita per le imboscate che gli venivano tese. Quando cominciò la sua opera, su una popolazione di venticinquemila persone non si potevano trovare cento cattolici. Quando la terminò, non vi si potevano trovare cento protestanti.
Nel 1602 mons. de Granier morì e l’8 dicembre di quello stesso anno Francesco di Sales venne consacrato Vescovo. Si mise immediatamente al lavoro attuando nella sua diocesi le riforme del Concilio di Trento e curando personalmente la formazione del clero e l’istruzione catechistica del suo gregge.
Il 5 marzo 1604 incontrò a Digione, dove si era recato a predicare il Quaresimale, Giovanna Francesca Frémyot di Chantal, sorella di Andrea Frémyot, nominato da poco Vescovo di Bourges e suo amico; era una giovane vedova di trentadue anni, con quattro figli, animata da un grande desiderio di darsi al Signore. Il loro incontro segnò una svolta nella vita di entrambi che portò, il 6 giugno 1610, a dar inizio all’Ordine della Visitazione Santa Maria. Da quel momento in poi, le vite di queste due grandi anime proseguirono insieme, protese alla realizzazione del disegno di Dio.
A seguito delle molteplici attività pastorali, di scrittore, di fondatore e di direttore spirituale, per il troppo lavoro la salute del Santo cominciò a dar segni di cedimento, tanto da costringerlo a prendersi un coadiutore. Il 17 febbraio 1621 veniva consacrato a Torino Giovanni Francesco di Sales, fratello del Santo, che divenne pure suo successore sulla cattedra di Ginevra.
Nel novembre del 1622 Francesco partì per Avignone al seguito del Duca di Savoia e sulla via del ritorno, a Lione, dopo che la sua salute era andata peggiorando sempre più, il 27 dicembre fu colpito dall’emorragia cerebrale che lo condusse alla morte. Era il 28 dicembre 1622, alle otto di sera. Fu beatificato nel 1661 e canonizzato nel 1665. Nel 1877, poi, papa Pio IX lo proclamò Dottore della Chiesa e nel 1923 Pio XI lo dichiarò patrono dei giornalisti e di quanti operano nella stampa cattolica.
La sua spiritualità
Prego Dio di far rifiorire e risplendere nella Chiesa una vita spirituale mirabile, grazie all’insegnamento del santo Vescovo di Ginevra, che resta fonte di luce per i nostri contemporanei, come lo fu nel suo tempo.
(Giovanni Paolo II, Lettera, 23.11.2002)
Al di là degli avvenimenti, qual è il segreto – se così ci si può esprimere – della santità di Francesco di Sales? Quale, insomma, la sua spiritualità? Essa è molto semplice e ruota attorno ad un cardine fondamentale: “Dio è amore” (Gv 4,8.16); e se è amore, è anche bontà, misericordia, paterna sollecitudine verso ciascuno dei suoi figli, Provvidenza sempre vigile ed operante per il bene di ogni anima, come se fosse l’unica al mondo. San Francesco di Sales è veramente un uomo per cui Dio è il Dio del suo cuore, il “Dio del cuore umano”. È chiamato anche il “Dottore dell’amore” perché ha sviluppato tutta la sua spiritualità – quella che poi ci ha trasmesso e che è la spiritualità della Visitazione – su questo perno: accogliere l’amore di Dio in pienezza e rispondere totalmente a questo amore.
Sì, perché il Signore non ci chiede altro che l’abbandono filiale, la ferma fiducia che nulla potrà accadere che non sia stato “preparato” dal Cuore paterno di Dio. E badiamo bene, questa “legge” vale pure quando gli avvenimenti si presentano con una scorza… ruvida. Infatti, anche quelle che noi chiamiamo “disgrazie” in realtà non sono che occasioni per provare a Dio il nostro amore. Questa fede conduce l’anima ad aderire alla volontà di Dio con prontezza e determinazione, nella coscienza di non essere mai sola, sapendo che la realizzazione dell’eterno progetto d’amore che Egli ha su di lei è la condizione indispensabile per raggiungere la piena realizzazione di sé e la felicità, già su questa terra e poi in Cielo. Ciò tiene il cuore dilatato, aperto, perché la vita di fede non è più vista come una somma di pratiche da compiere, per quanto buone e giuste. San Francesco di Sales porta le anime immediatamente al centro: siamo creati per amare e – prima ancora – siamo creati per amore.
A questo si deve aggiungere la filiale devozione a Maria, che il Santo Vescovo di Ginevra considerava sua Madre, Signora e Padrona, alla quale si affidava e verso la quale nutriva i più teneri sentimenti d’affetto. Ancor giovane, nella Santa Casa di Loreto, Le si era consacrato con il voto di perpetua verginità.
Ogni Santo riceve da Dio una luce particolare riguardo al cammino da seguire per giungere alla meta, vale a dire a quella pienezza di vita cui abbiamo accennato. Per San Francesco di Sales questo cammino si può riassumere nelle parole di Gesù:
“Imparate da me che sono mite ed umile di cuore”
(Mt 11,29).
Dolcezza ed umiltà, infatti, sono le due virtù che egli non si stancava mai di inculcare alle anime che si affidavano alla sua direzione. Anche qui incontriamo un aspetto molto “moderno” della sua esperienza umana e spirituale: in una società come la nostra, che esalta l’affermazione di sé a qualunque costo, dove il calpestare gli altri è tornato ad essere, per molti, una specie di “legge di sopravvivenza”, quale migliore antidoto dell’esercizio di queste due virtù? Possiamo tentare un’estrema sintesi degli elementi che fondano la spiritualità del Santo Vescovo di Ginevra in questo modo: Dio ci previene sempre con il suo amore; a noi spetta di aprirci per accoglierlo e di corrispondervi percorrendo il sentiero della mitezza e dell’umiltà.
Francesco di Sales e il Cugino Luigi di Sales
nella Missione dello Chablais tra gli Ugonotti
Le sue opere
San Francesco di Sales univa armoniosamente il rigore di uno spirito giusto, la necessaria autorità del pastore, una prudenza riflessiva, ’umiltà del servitore di Dio e dei suoi fratelli, il calore amichevole nel dialogo, l’entusiasmo comunicativo di un cuore conquistato dall’amore di Dio.
(Giovanni Paolo II, Discorso, 6 ottobre 1986)
Vediamo un po’ più da vicino anche quel che lo Spirito ha fatto nascere nell’esistenza del nostro Santo. Egli fu, prima di tutto, un Pastore sollecito del bene spirituale e temporale del suo gregge, intervenendo in questo senso anche con azioni originali, come l’istituzione di scuole e laboratori di artigianato per aiutare la popolazione meno abbiente, senza obbligarla ad uscire dal Paese e a mettere a repentaglio la propria fede nel contatto con il calvinismo. Non si deve dimenticare, infatti, che gli anni in cui visse San Francesco di Sales furono caratterizzati da aspri conflitti tra gli esponenti delle diverse confessioni.
Nonostante ciò, precorse i tempi pure in campo ecumenico. Vinse la sua battaglia nello Chablais con la carità, con il dialogo, con il farsi “tutto a tutti, per salvare ad ogni costo qualcuno” (1Cor 9,22), secondo il detto paolino, senza mai abdicare alla verità e all’ortodossia. Ad esempio: per anni, non avendo uditori – poiché i calvinisti avrebbero punito come traditori tutti coloro che si fossero avvicinati al “prete papista” – si adattò a scrivere le sue prediche in uno stile semplice, che arrivava dritto al cuore, e a farle passare sotto le porte delle case. Questi fogli volanti, raccolti in volume, sono oggi Le controversie, una specie di “manuale fondamentale del dialogo con i fratelli della Riforma”. Il patrocinio sui giornalisti cattolici gli fu affidato proprio per questa attività.
Una delle caratteristiche salienti della sua azione pastorale fu la direzione di moltissime anime, portata avanti sia nel contatto diretto sia attraverso la corrispondenza (scriveva anche venti o trenta lettere al giorno; attualmente ne rimangono oltre duemilacento). Frutto maturo di questa sua esperienza fu la pubblicazione – nel 1608 – del libro della Introduzione alla vita devota, meglio conosciuto come Filotea, scritto per i laici che non si accontentano di una vita cristiana mediocre. In un’epoca in cui si riteneva che la santità fosse appannaggio unicamente di Suore, Sacerdoti e Religiosi, San Francesco di Sales insegnò chiaramente che, invece, tutti sono chiamati alla santità nel proprio stato di vita o, per dirla con altre parole, secondo il progetto che Dio ha per ciascuno. In questo viene considerato anche un precursore del Concilio Vaticano II, che ha riaffermato con forza e chiarezza quella che oggi si ama definire “l’universale chiamata alla santità”.
Innamorato di Dio, profondo conoscitore delle sue vie nelle anime, tra il 1609 ed il 1616 si dedicò alla stesura del Trattato dell’amor di Dio (chiamato anche Teotimo) che, nelle sue intenzioni, doveva essere quasi una continuazione della Filotea ed era indirizzato alle anime già avanzate nel cammino spirituale. È la sua opera maggiore, per la quale – tra l’altro – è considerato uno dei padri della lingua francese moderna. È soprattutto per la dottrina sviluppata in questi due volumi (Filotea e Teotimo) che ottenne il titolo di Dottore della Chiesa, “Dottore dell’Amore”.
Nel 1610, con Santa Giovanna Francesca di Chantal, fondò l’Ordine della “Visitazione di Santa Maria”. Nelle sue prime intenzioni, esso avrebbe dovuto avere una fisionomia molto simile a quella delle attuali congregazioni di vita attiva; ma anche in questo era stato un innovatore, tanto che il suo progetto non incontrò il favore dei superiori ecclesiastici. San Francesco di Sales, sempre attento a cogliere la volontà di Dio da qualunque parte si manifestasse, e a seguirla poi a qualsiasi costo, la vide espressa nella volontà dell’Arcivescovo di Lione – Primate di Francia – ed accettò di fondare un Ordine formale, in cui le Suore osservassero la clausura perpetua. Questa è tuttora la fisionomia dell’Ordine della Visitazione.
Carità, umiltà, semplicità, amore al nascondimento, impegno a spogliarsi di sé per lasciar posto a Dio, sono ancora le linee portanti della nostra spiritualità. Preghiera, lavoro, vita fraterna in comunità sono i mezzi per assolvere al nostro compito nella Chiesa. Amore all’Eucaristia, rapporto di profonda intimità con Maria, devozione massima al Santo Padre e alla Chiesa sono i cardini che sostengono tutta la nostra vita, e da cui traiamo forza ed equilibrio per il cammino di ogni giorno che, a dispetto delle inevitabili difficoltà, è un cammino sempre ricco e gioioso.